SHOAH

L’allestimento dello spettacolo ci è stato richiesto da numerosi docenti che hanno riconosciuto nella nostra Compagnia le caratteristiche di professionalità e di specializzazione per far conoscere l’evento storico agli studenti e consentire poi, in sede didattica, una possibilità di discussione.

Nella drammatizzazione de Il diario di Anna Frank abbiamo volutamente inserito alcuni ricordi di sopravvissuti all’olocausto (Primo Levi, Shlomo Venezia) e di un giovane scrittore tedesco, Marcel Beyer, perché nello spettacolo fosse ben evidente quello che è successo prima e quello che è successo dopo la stesura del celebre “Diario”.

Questi inserimenti vengono recitati dagli stessi personaggi del “Diario” come in una momentanea estraniazione temporale per renderci testimoni di ciò che è accaduto anche al di fuori del “nascondiglio”.

Primo Levi ci ha regalato pagine indimenticabili nelle quali non ha trascurato di mettere in luce anche la sua personale religiosità.

Shlomo Venezia solo recentemente si è deciso a mettere per iscritto ciò che ha passato e lo ha fatto in modo crudo e diretto anteponendo a tutto la questione della sua sopravvivenza.

Marcel Beyer ha effettuato un sondaggio nell’estremo: estremo della storia, estremo della coscienza e estremo della follia nazista.

Ecco che lo spettacolo mette a confronto la poesia del “Diario” con la realtà della vita fuori dal nascondiglio e dove le esperienze di vita in comune, che sembrano drammatiche, al confronto con la vita del lager sbiadiscono penosamente.

L’ambientazione è da sottotetto, poveramente adattato dagli occupanti e può ricordare sia il rimedio della situazione sia l’adattamento obbligato del “campo”.

La regia ha messo in luce tutte le caratteristiche del “Diario”, dalla forte speranza al cambiamento dell’uomo quando è costretto a vivere con l’unico scopo della sopravvivenza, accettando indifferente ogni tipo di conseguenza.